E così sono passati 50 anni da quando, il 20 maggio del 1970, veniva approvato lo Statuto dei lavoratori, la legge con cui si cercò di riequilibrare l’evidente posizione di svantaggio dei lavoratori rispetto ai datori di lavoro, con obiettivo di tutelare la libertà e la dignità dei primi.
Da allora il diritto del lavoro è stato sottoposto a svariate riforme, la prima, quella che ha cercato di rendere effettive le tutele all’interno del processo venne emanata nel 1973: si trattava di rendere più rapidi i processi, anche grazie ad una serie di preclusioni negli atti introduttivi idonee a definire da subito il tema della decisione, e attribuendo ad un giudice terzo e imparziale importanti poteri istruttori.
Successivamente, però, anche il diritto del lavoro ha svoltato all’indietro in un progressivo arretramento delle tante conquiste degli anni ’70. Credo che le norme restrittive più importanti che hanno contribuito a questo arretramento siano essenzialmente tre: il c.d. collegato lavoro, la Fornero e, infine il Jobs act.
Norme che hanno inciso dapprima sui termini per proporre le cause: il giudizio sulla legittimità del licenziamento deve essere proposto entro 180 giorni dall’impugnazione del licenziamento; Poi, con modifiche progressive all’art. 18 dello Statuto, si è intervenuti sulla dimensione della tutela restringendo progressivamente la possibilità di essere reintegrati nel posto di lavoro in caso di licenziamento illegittimo, di fatto oggi ristretto a poche ipotesi.
E ciò solo con riferimento licenziamenti.
Eppure, in un mondo in cui il lavoro precario è andato aumentando, il numero degli operai è ancora importante (ho letto in un post di Lilli Pruna che gli operai in italia sono 8.500.000), e in nome della flessibilità in uscita e dell’eccessivo costo del lavoro, si è abdicato, in tanti settori, al valore della competenza e dell’esperienza.
E’ necessario un diritto del lavoro capace di assicurare più tutele perchè la sicurezza del posto di lavoro deve essere collegata alla serietà, professionalità e competenza di chi lavora, senza lasciare alla mercè del mercato, di fatto un luogo senza regole, diritti fondamentali della persona.
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